Umorismo in letteratura

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L’umorismo in letteratura

umorismo in letteratura

Vorrei parlarvi seriamente(?) di umorismo in letteratura. A volte la letteratura umoristica viene considerata un genere minore, una specie di consolazione al trambusto della vita e ai suoi inciampi. Spesso, soprattutto in questi tempi non facili, quando si presenta un libro umoristico si sente commentare che ce n’è bisogno in questo momento, come se in altri momenti la letteratura umoristica non fosse necessaria.

Invece no. L’umorismo, e sua madre l’ironia, non sono suppellettili create da qualcuno per mostrarle in salotto come una ceramica antica, o un bell’accessorio per addolcire l’amarezza inevitabile della quotidianità. L’umorismo, e sua madre, sono un modo di guardare la realtà.

Perché la realtà si guarda con gli occhi, si ascolta con le orecchie, si tocca con le dita, ma si conosce col Cuore. Quando un bambino nasce, praticamente è cieco, sordo e muto. Eppure conosce la realtà, cioè che sua madre gli vuole bene.

I miei libri

Ci sono cose che corrispondono immediatamente al nostro Cuore, come il bene della madre appena si nasce, e l’umorismo è una di quelle. Non si tratta della risata per dimenticare il tran tran che quasi mai corrisponde ai nostri desideri, ma del riso o del sorriso che nasce quando ciò che leggiamo ci corrisponde, sembra fatto apposta per me che leggo. L’umorismo muove alla gioia quando mi riguarda direttamente e mi fa capire che tutto può essere positivo, specialmente la sventura. Se ci fate caso si ride di più quando ai protagonisti della storia accadono fatti disgraziati. Ma non si tratta di cinismo di chi legge. È che guardando la realtà con la lente dell’umorismo, anche gli eventi dolorosi appaiono per quello che sono: delle prove che giungono per far crescere chi le affronta, per fargli conoscere la realtà, quella vera, cioè che tutto è positivo. Altrimenti che sfiga ragazzi!

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