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Esco dalla scala antincendio verso il parcheggio, nero.
Nella palestra accanto un ragazzo e una ragazza ballano. Si sente un tango, solo loro e il maestro che osserva in silenzio.
Tutta la palestra è loro, tutto lo spazio, tutta la luce della palestra è loro e soltanto loro. Tutta la musica del mondo è in quel tango, ed è loro, tutti i movimenti di tutti i balli del mondo in quel tango. Appartengono solo a loro. Per questo il maestro tace: non è suo il ballo di quei due. I loro occhi si fissano, i piedi non occorre guardarli come fa un grande calciatore. Chi ha classe tiene lo sguardo alto e avanza senza curarsi dei propri passi.
E’ nero il parcheggio non vedo la serratura dell’Alfa. Quando la trovo entro ma non parto. Calo il finestrino e li guardo; li vedo anche da lì, attraverso dalla vetrata dell’uscita d’emergenza. La palestra è un’astronave di luce azzurra nel buio e loro devono solo stare attenti alla rete da pallavolo, a non finirci contro. Quando finisce la musica il maestro fa sì con la testa. Loro si fermano e si staccano anche se è chiaro che sono intrecciati come prima. Escono, salgono in moto e vanno via. Si spegne la luce, anche l’astronave sparisce.
Tiro su il finestrino. Ringrazio il cielo per tutto questo.
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