Quattro panchine cinque persone una per panchina tranne l’ultima. C’è una coppia, sull’ultima.
Che abbiamo tutti da guardare il mare?
È piatto, color bianco, tutto uguale.
Non c’è una nave o barca o balena. Non c’è il sole al tramonto, manca ancora troppo tempo, non c’è un faro, che uno dice “Guarda il faro, ora non serve più ma c’è ancora, ora ci sono i satelliti, ma il faro è ancora lì. Bello però, anche se non serve più”
Ma non c’è nessun faro. Non c’è uno scoglio che spezza quel bianco uniforme che potresti dire “Quello scoglio è un pericolo per le barche”. Non c’è nemmeno qualcuno che nuota, che potresti dire “Se annegasse lo salverei e diventerei un eroe e quella bionda dell’altra panchina mi ammirerebbe”.
E allora cosa abbiamo tutti da guardare come se ci aspettassimo qualcosa? La gente anche di fronte al mare più piatto e insignificante guarda con la massima attenzione perché si aspetta qualcosa da un momento all’altro, qualcosa che cambierà il mondo. Non ho altre spiegazioni, altrimenti non avrebbe senso guardare in quel modo il mare.
È la cosa più infinita che l’uomo può toccare, e solo qualcosa di infinito può cambiare il mondo.
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