La moda degli Emo l’ha inventata Fab Van Alt

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Ricevo e volentieri pubblico un nuovo profondo intervento dello scrittore fiandro alcolizzato Fab Van Alt, anche perché sa dove abito e dispone di un cacciabombardiere. “Quando ero giovane ero tristissimo e iniziai a scrivere poesie. Le facevo leggere ai miei amici e loro fingevano di essere morti per non vedermi più. Alcuni cambiavano nome e un paio arrivarono ad organizzare falsi funerali pur di evitarmi. Ma io non me la presi e continuai e feci leggere le poesie ai miei parenti che purtroppo mi disconobbero e mi fecero causa costringendomi a cambiare cognome. La tristezza aumentò ma per fortuna divenni un alcolizzato. Il termine Emo che ora va tanto di moda l’ho inventato io  e anche il look, come si vede dalla mia foto di gioventù. Ora devo lasciarvi, torno a scrivere il mio nuovo romanzo di cui vi anticipo il titolo: “La deprimenza”.

Fab Van Alt

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Intervista allo scrittore on line

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fabrizio-altieri piccolaIl Blog Critica letteraria si autodefinisce “Un altro blog per risollevarci dal menefreghismo letterario” e già solo per questo mi piaceva. Ma ora che ha pubblicato quest’intervista al vostro scrittore di romanzi preferito, ne sono diventato fan accanito. Ci terrei che la leggeste.

Ciao Fabrizio, benvenuto qui nel nostro “Salotto”. È un piacere avere la tua simpatia spontanea e la tua arguzia a insaporire le risposte. Per chi non avesse letto la nostra recensione a Rossana, il sogno e il ragno Calatrava, ecco il link: clicca qui.

Vediamo dalla tua biografia che sei in primis un ingegnere. Quando è nata la tua passione per la scrittura? È stata una scoperta improvvisa o conviveva già con i numeri?

Conviveva. Ho iniziato a scrivere verso i diciassette anni. Erano poesie. Lo feci perché un giorno mio padre, che era ingegnere, ma di quelli seri, mi svelò un segreto terribile: non solo scriveva di nascosto poesie, ma poiché si vergognava ne aveva mandate alcune a un concorso a mio nome! Mi toccò andare a prendere una medaglia che vinse con i suoi poemi e allora cominciai a scriverne anch’io, così avrei partecipato a mio nome. Poi un giorno mi svelò che aveva scritto un racconto… Il giorno dopo scrissi il mio primo racconto e da allora vidi che mi dava più gusto scrivere in prosa, e continuai.

Cosa si prova a essere insegnante e scrittore? Pensi che possa essere una fonte di ispirazione?

Sì. Nel mio ultimo romanzo ‘Rossana, il sogno e il ragno Calatrava’ la scuola compare sia come sfondo alla storia che come fucina di personaggi che quasi sempre sono ispirati a persone che ho conosciuto nella realtà, colleghi, ma soprattutto ragazzi.

Cosa pensano dei tuoi libri i tuoi ragazzi? C’è stato qualche commento memorabile?

Ne ricordo uno di una ragazza: “A me piace più Moccia”. L’ho bocciata. Da allora i miei ragazzi ne pensano tutto il bene possibile.

Il libro spassoso che abbiamo recensito molto volentieri è stato preceduto da altre prove: come le consideri? Affetto, superamento? Dicci tutto.

Il primo romanzo ‘Il caso Cicciapetarda” lo scrissi nel 1999 ma fu pubblicato solo nel 2006 grazie al mio editore la Società Editrice Fiorentina, che ci credette da subito. Fa ridere, ma veramente tanto, ed è più spensierato dell’ultimo che ho scritto vari anni dopo. Non lo rinnego, ma non scrivo più così. Si cambia e si cresce in tutto, anche nello scrivere. Tra i due c’è la raccolta di racconti ‘Maremma Safari e altri sogni’ del 2007. È particolare perché c’è il primo racconto che ho scritto, da cui trae il titolo, e anche uno degli ultimi. Tra i due corrono più di vent’anni.

Rossana, il sogno e il ragno Calatrava ha tra i personaggi principali un supplente-aspirante scrittore, Maurizio, ironico e genuino, ancora idealista. Basta parlare con te dieci minuti per rischiare di confonderti con Maurizio: in cosa ti ritrovi? Sappiamo bene che è difficile e non molto politically correct svelare un po’ di elementi autobiografici, ma ti torturiamo un po’…

Son qui apposta! Maurizio mi somiglia molto per carattere ed esperienze di vita, anche se nel romanzo non è ingegnere e, come primo incarico, insegna una materia indefinibile che neanche lui ha mai sentito nominare. Però alcune differenze ci sono: è più coraggioso di me e molto più ingenuo. Vorrei essere come lui e lo invidio un po’, per questo nel romanzo gliene faccio passare di tutti i colori.

Ormai sei un habitué di fiere letterarie, mostre di piccoli editori, presentazioni e chiacchiere in pubblico. C’è ancora l’emozione? In questi anni è successo qualcosa di divertente?

L’emozione c’è sempre, è la paura che è nettamente diminuita. Dopo tanti incontri e presentazioni so che posso controllare la situazione e che nessuno mi lancerà ortaggi o improperi. All’inizio invece, quattro anni fa, ero un concentrato di fifa. Ne sono successe molte e alcune le ho inserite nel romanzo. Una delle più belle fu alla fiera di Roma dove una signora volle che le facessi una dedica su un libro… del Leopardi! Mi firmai Fabrizio Giacomo Altieri perché Giacomo è il mio secondo nome per davvero e lei se ne andò tutta contenta. Il mio libro però non lo comprò.

Sei recentemente stato segnalato al 53° Premio Nazionale Letterario Pisa: che cosa hai provato?

È la prima volta che ricevo un riconoscimento ad un Premio letterario, da quel giorno che partecipai con le poesie di mio padre, intendo. Ho provato gioia per tutto il lavoro che io e il mio editore abbiamo fatto in questi anni. Senza ipocrisia, quando l’abbiamo saputo ci siamo detti: “Ce lo meritiamo!”.

Abbiamo letto della tua recentissima pubblicazione (sempre per la Società Editrice Fiorentina) di Melerè, la musica bambina: di cosa si tratta?

Si tratta del primo Libro-audio-gioco mai realizzato. È composto da un libro con una favola per bambini dai quattro anni in su, scritta da me e illustrata da Alessandra Vitelli, un cd con la mia voce che legge la favola e una musica scritta per l’occasione da Marco Simoni e un gioco da tavolo realizzato da CreativaMente, un’azienda specializzata in giochi educativi per ragazzi, ispirato ai personaggi della fiaba ed alle avventure che essi vivono. Il tutto racchiuso in una scatola. Ne sono molto fiero perché è stato un lavoro di squadra non facile da organizzare e il risultato è molto riuscito.

Grazie mille per la tua disponibilità e speriamo di rivederci presto e di poter parlare ancora dei tuoi libri!

Grazie a te e a chi ci legge.

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L’amarezza di Fab Van Alt

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Ricevo e pubblico volentieri, sotto minaccia di morte, questo breve contributo del grande scrittore olandese.

Purtroppo anche quest’anno non mi è stato assegnato il Nobel per la letteratura. Eppure che cosa manca a uno scrittore come me? Sono sconosciuto al grande pubblico, sono anziano, conduco una vita sregolata, scrivo in aramaico e soprattutto le trame dei miei libri sono assolutamente deprimenti.

Addio

Fab Van Alt

Che dire amici, un così grande scrittore ignorato dall’Establishment culturale mondiale soltanto perché porta i capelli troppo lunghi e dice frasi senza senso (oltre ad essere drogato, alcolizzato e sessuomane) e costretto a vivere di stenti facendo ripetizioni di lingua fiamminga alle badanti filippine.

Esprimete la vostra solidarietà a Van Alt e cerchiamo di smuovere gli svedesi e portare avanti la candidatura del Nostro per l’anno prossimo.

E se potete cliccate QUI per comprare un libro del famoso scrittore e aiutarlo sulla strada dell’alcolismo.

Grazie.

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La tipica canzone irlandese definitiva

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Come ho già accennato amo l’Irlanda, perché chiunque c’è stato,anche per poco come me,  non può non amarla. E amo anche il popolo irlandese, che somiglia molto al nostro. In alcune cose tuttavia siamo parecchio differenti; ad esempio le canzoni.

Nella tipica canzone irlandese possiamo trovare alcuni temi ricorrenti che cercherò di riassumere:

1) Prima ci si ubriaca, poi viene tutto il resto

2) Subito dopo la sbornia nella lista delle priorità compare la voce: “Combattere gli inglesi” che però vincono sempre grazie ai loro perfidi cannoni

3) Allora l’irlandese sconfitto diventa ‘Rover’ (vagabondo, giramondo) ed emigra suo malgrado in posti assurdi, Livorno, Sud El Bar, Suvla, Sidney; come minimo NewYork. Posti comunque dove il cielo non è paragonabile a quello d’Irlanda.

4) A questo punto s’innamora di una certa Molly la quale:

a) gli frega tutti i soldi
b) muore di malattie sconosciute, forse attaccatele dall’irlandese stesso portatore sano che le ha prese a Suvla o Sud El Bar

5) Preso dalla tristezza, nostalgia, malinconia e tutti gli stati d’animo più consoni all’ubriachezza l’irlandese giunge alla conclusione che nel Punch l’acqua calda non è strettamente necessaria, basta il Rhum

6) Torna nella terra natia dove passerà gli ultimi suoi giorni conoscendo varie Molly che faranno la fine del punto 4

7) Prima o poi l’irlandese morirà, ma si fa seppellire con una buona dose di alcool per il viaggio, come i faraoni egizi facevano con cibo e acqua.

Sicuramente avrò trascurato qualcosa: provate a trovare altri punti salienti e – perché no? – a comporre la tipica canzone irlandese definitiva (in italiano) che ve la pubblico sul Blog.

Forza!

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Clamorosa intervista allo scrittore Van Alt

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Fab Van Alt, il celebre scrittore olandese è venuto in Italia per presentare la traduzione italiana del suo terzo romanzo “Disgrazia e disappunto” e io, scansando il poderoso apparato di sicurezza che lo imprigiona, l’ho intervistato.

Maestro, che cosa rappresenta per lei la scrittura?

Un modo per attaccare discorso con le femmine e di mangiare gratis quando mi invitano come ospite alle presentazioni di libri.

Nient’altro?

Perché, oltre le femmine e il cibo c’è qualcos’altro?

Nei suoi romanzi scandaglia l’animo umano mettendo in luce il marcio che si cela in ognuno di noi. Da dove giunge tanta profondità di pensiero?

Mi drogo.

Lei è un artista ‘maledetto’. Questa definizione le piace?

È la realtà. Sono maledetto continuamente dalle mie ex mogli e da coloro che mi stanno intorno, soprattutto quando sono a tavola perché trovano i miei capelli nei piatti.

I suoi capelli. Che rapporto ha con essi?

Li curo moltissimo, uso prodotti di ogni genere per mantenerli perché piacciono molto alle femmine.

Quando tornerà in Italia?

Quando mi inviteranno a mangiare gratis o dovrò vedere qualche femmina.

C’è chi dice che lei in realtà è Fabrizio Altieri ma che bevendo una pozione da lei stesso creata si trasforma in Fab Van Alt e tira fuori il peggio del suo animo e quindi vende moltissimi libri, a differenza dell’Altieri.

Non conosco questo Maurizio Alfieri e non bevo nessuna pozione, sono tutte invenzioni del mio agente per vendere più libri.

Se ne va velocemente circondato dai bodyguard, ma mentre si allontana mi pare di vedere che i suoi capelli si restringono e diventano sempre più radi. Se non fosse assurdo penserei che l’effetto della pozione sta finendo.

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I Rolex falsi della zia Wanda

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La zia Wanda non è solo un personaggio de “Il caso Cicciapetarda“, la zia Wanda esiste davvero e ieri è arrivata qui. La zia Wanda si muove su una sedia a rotelle. Ha un cane Yorkshire che ogni tanto si fa sentire, soprattutto quando una ruota della sedia gli trancia un’unghietta o gli stira una zampina. La zia Wanda è venuta a trovarmi da lontano perché mi vuole bene e mi porta un sacco di regali. Stavolta mi ha portato: n° 2 orologi Rolex falsi, uno da uomo e uno da donna. Questo nel caso che io decida di cambiare sesso, così sono coperto. La zia ammette che sono falsi ma sostiene che, come può dirti qualsiasi rivenditore ufficiale Rolex, anche i Rolex originali perdono dieci minuti. Alla domanda “In quanto tempo i Rolex veri perdono dieci minuti?” la zia glissa e finge di entrare in coma diabetico. Poi mi ha dato n° 1 orologio da taschino nuovo non funzionante che potete osservare nella foto. N° 1 portadocumenti in pelle del 1972 come nuovo. Set di lenzuola di seta nere per eventuali notti sfrenate. Bilancia elettronica di precisione che misura il milligrammo (non mi drogo, zia!). Anch’io voglio bene a zia Wanda perché quello che mi regala, vero o falso, rotto o funzionante, utile o inutile, me lo dà perché io sia felice. E voi, avete qualcuno che vi vuole bene come zia Wanda?

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Volevo un gatto nero

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Nell’impossibilità di farlo personalmente… ma che dico?! Nella possibilità di farlo personalmente grazie a feisbùk e al mio fantastico Blog, ringrazio tutti gli amici che mi hanno fatto gli auguri per il mio compleanno.

Vi voglio bene e vi dedico la canzone “Volevo un gatto nero”, tratta dalla splendida edizione del 1969 dello Zecchino d’oro, come esortazione a non accontentarvi mai di un gatto bianco, se lo volevate nero.

Ne va della vostra vita!

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Capire il mio editore

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L’editore

Tutte le persone hanno frasi che ricorrono.

Anch’io le ho e le ha anche il mio editore solo che all’inizio non ci facevo caso. Poi ho cominciato a scrivermele sulla Moleskina nera che uso per segnarmi le idee, che altrimenti volano via. Rileggendole alla luce dell’esperienza di questi anni assumono significati che vanno al di là delle parole stesse. Ne ho scelte quattro per voi:

1. Non ci sono i numeri.

Significa che l’idea può essere bella quanto ti pare ma io non posso pubblicartela perché non ne venderemmo abbastanza.

2. Se vuoi un consiglio… ma fai te.

Chiedere il significato direttamente a Don Vito Corleone

3. Non è un’idea mia…

… tuttavia stranamente pare un’idea buona.

Ma la migliore è quella che mi ha detto ieri al telefono:

4. “Questo non è un do ut des. È solo un des“.

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Il tabaccaio che mi ha voluto bene

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Ieri mattina sono andato a pagare la tassa sui rifiuti e a chiedere informazioni. C’era molta gente e il mio bigliettino segnava 139. Ogni tanto lo guardavo per vedere se cambiava ma il numerino rimaneva 139. Speravo, che so, in un 134 ma mi sarebbe andato bene anche un 136. Il sogno era scendere sotto il 130 ma questo sarebbe stato chiaramente impossibile. Dopo un bel po’ è scattato il 139 sul tabellone elettronico e sono entrato.

Una signora gentile mi ha spiegato che potevo pagare il 30% in meno, ma non avendo fatto domanda avrei dovuto pagare tutta la cifra. Però mi ha dato la lista dei tabaccai convenzionati dove non avrei speso l’euroeddieci di commissioni. In cambio le ho lasciato l’immutabile e coerentissimo bigliettino 139 e sono andato al tabaccaio convenzionato. Uomo gioviale di circa sessant’anni, mentre lavorava sul mio pagamento al computer ha visto che fissavo un punto dietro di lui. Era un teatrino con delle figure, sorpresa di un ovetto Kinder, che stava sullo scaffale tra le sigarette e i grattaevinci. L’ha preso e mi ha chiesto: “C’hai un bimbo?” (trad. “Hai procreato un discendente, vero? Altrimenti perché fisseresti con evidente desiderio di possesso la sorpresa di un ovetto Kinder?”).

“… Ehm… n-no” (trad. “In effetti non ancora e ciò un po’ mi imbarazza”).

“Deh, fallo!” (trad. “Poffarbacco, procrea una discendenza, non vorrai andare avanti in codesta maniera!”).

Mi ha regalato la sorpresa e me l’ha messa in un sacchetto perché non si sciupasse. Io mi sono sentito voluto bene, anche se il tabaccaio non l’avevo mai visto in vita mia.

Guardate la foto della sorpresa; non è bella?

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La gaffe della bibita gassata marrone

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Premessa: questo post è in parte scritto in lingua pisana perché è molto più espressiva dell’italiano standard.

Sta imperversando in tivù e alle radio lo spot di una famosa bibita gassata marrone con una bambina sedicente pisana che spiega perché è ottimista.

Ecco le ragioni:

  • Va in vacanza dalla nonna invece che al resort (ma che parole conosci? Hai studiato alla Sorbona?!)
  • Mangia la pasta alla pummarola (a pisa non si dice così, si dice ‘ar pomodoro’)
  • Va in bici invece che in supermacchine (hai diecianni bambina!)
  • Preferisce la pizza al sushi (chi l’avrebbe pensato?)
  • Opta per il panino al salame invece del caviale (ma quale bambino mangerebbe le uova crude di un pesce russo?)
  • Infine, incredibile, preferisce mangiare a casa il ragù della mamma piuttosto che andare alle cene di gala: ma cosa fa ir tu’ babbo, l’ambasciatore?!

Il succo dello spot è che puoi fare una vita di m… basta però che tu continui a bere la bibita marrone gassata, succeda quel che succeda.

A parte che se fosse la mi’ figliola gli darei subito du’ ceffoni solo per come parla e per l’accento, e poi chiederei il divorzio perché una bimba pisana non può parlare così, dev’esse’ un ‘corno’.

E poi, la gaffe clamorosa della bibita marrone: una bambina pisana non può avere il nome della santa protettrice di Livorno, Giulia. Con tutto il rispetto, cazzo!

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Classifica finale di Miss Scusa 2009

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Dichiaro chiuse le votazioni per il concorso Miss Scusa 2009. Malgrado un clamoroso recupero della scusa n° 10, la scusa n° 3 ha tenuto ed è riuscita a trionfare.

Classifica finale:

1. Scusa n° 3 Io non leggo libri, solo romanzi VOTI 6

2. Scusa n° 10 “Si sposa mia figlia.” “Ma lei non è prete?!” VOTI 4

3. A parimerito scuse 7 “Mi spiace non so leggere” e 9 “Grazie, sto cercando di smettere” VOTI 3

Ora vi chiedo: secondo voi la scusa vincitrice è vera o me la sono inventata?

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Prima classifica di Miss Scusa 2009

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Ecco i primi risultati delle votazioni del post ‘Dieci piccole scuse’.

1. Scusa 3 voti 5

2. Scusa 7 voti 3

3. Scuse 2,8,9 voti 2

4. Scuse 1,10 voti 1

5. Scuse 4,5,6 nessun voto

Come si vede la scusa 3 conduce di poco sulla 7, mentre le altre paiono distaccate. Però non è detta l’ultima parola, perciò… votate, che il referendum andrà avanti ancora qualche giorno.

Naturalmente chi ha già votato non può votare di nuovo (fate votare qualche parente o amico, non ho mai detto che sarà un concorso politically correct…) e vediamo quale scusa vincerà.

Avanti!

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Dieci piccole scuse

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Nel post “Libertà è partecipazione” ci siamo scatenati alla ricerca di scuse che la gente dice pur di non comprare un libro.

Le dieci che vi elenco sotto sono le migliori, alcune vere e alcune false. Votate quale è per voi la più bella e la eleggeremo “Miss scusa del secolo”. Poi vi dirò se è stata detta veramente o uno di noi se l’è inventata.

Per votare basta mettere il numero della scusa, ma se volete potete lasciare anche un commento.

Votate, forza!

1. “Non mi interessano i libri”

2. “Passo dopo perché siccome ho il diabete devo andare al bar altrimenti svengo”

3. “Io non leggo libri, solo romanzi”

4. “Lo vorrei comprare ma l’unico giorno libero sono impegnato in una regata in solitario da Viareggio a Chioggia”

5. “Bello il tu’ libro… Mandamene una copia che ci fo la recensione…”

6. “Glielo comprerei, ma ho appena pagato il riscatto per il rapimento di mio figlio”

7. “Mi spiace, non so leggere”

8. “Mi piacevano i libri ma continuavo a tagliarmi con i fogli delle pagine e così ho deciso di non leggere più. I suoi libri hanno i fogli con i bordi smussati? no? beh, allora non se ne fa nulla”

9. “Grazie, sto cercando di smettere”

10. “Si sposa mia figlia.” “Ma lei non è prete?!”

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Gli sguardi di Fabriano

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itis Merloni

 Ieri ho fatto un incontro con i ragazzi dell’ ITIS Merloni (quello delle cucine, proprio lui) a Fabriano e grazie a loro ho visto alcune cose che non avevo mai visto.

Chi scrive sa una cosa: la maggior parte di quello che si trova nelle proprie opere te lo fanno notare i tuoi lettori. Che il lettore sia il supercritico del tal quotidiano o un ragazzo di quindici anni non è importante.

Un esempio? Si parlava di un pezzo del mio primo romanzo “Il caso Cicciapetarda” e abbiamo convenuto che il moralista che vede un uomo nudo che balla benissimo vede solo un uomo nudo e non come è bravo a ballare. Vede un particolare insignificante, non l’essenziale, perciò si scandalizza.

E che l’arte è l’espressione dell’umanità delle persone senza serie A e serie B. L’hip hop non è meno arte di Puccini, anche se sono due cose diverse.

Abbiamo infine convenuto che somiglio a Spalletti, ma questo lo sapevamo già, sia io che lui.

Grazie ragazzi di Fabriano.

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Ancora un trionfo…

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… per lo scrittore Fabrizio Altieri in occasione della Fiera del libro in Modena.

Durante l’incontro di presentazione del suo ultimo romanzo, un pubblico interessato e attento ha interagito col famoso scrittore, subissandolo di domande e richieste di autografi.

Alcune mamme gli hanno chiesto di dare un bacio ai loro bambini. Lo scrittore ha optato per baciare le mamme e ne è nato un tafferuglio presto sedato dalle vigili forze dell’ordine.

Intervistato dalla TV di Stato lo scrittore ha accennato alla possibilità di vincere il Premio Strega, ormai dato per certo, schermendosi con la sua consueta cortesia e modestia: “Me lo merito, Maremma maiala!”.

L’evento si è concluso con l’intervento di un reparto medico d’emergenza per rianimare qualche presente che non capisce nulla di letteratura.

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How high the Moon

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Tra le pieghe di questo neonato Blog è successa una cosa bella e bizzarra.

Nel post “Libertà è partecipazione“, scrivevo alcune scuse che la gente mi ha detto (sono diabetico e se non vado al bar svengo…) pur di non comprarmi il libro. Chiedevo anche di inventare altre scuse ed eventuali controrisposte dello scrittore.

Un mio amico, che è scrittore, mi ha inviato l’inizio di un racconto con un dialogo tra lo scrittore e il cliente in perfetto toscano. Alla fine dell’inizio c’era la frase: “Ora continua tu”.
Ne è nato un racconto che io e il mio amico scrittore vi regaliamo. Lo trovate in alto in questa pagina. Cliccate su “Il pisano, il pusher e il fiorentino”, è il titolo del racconto.

Il mio amico è stato l’imprevisto, qualcosa che cambia le carte in tavola e scompagina tutto e tutto cambia.
Il mio amico, da scrittore qual è, non ha solo reagito alla mia provocazione, ma è andato oltre, e mi ha portato dove non avrei mai pensato.

Vorrei essere anch’io così, in tutto, nella scrittura, nel lavoro, nell’amicizia, nella vita.
Vorrei essere anch’io come il mio amico Luca Doninelli (a parte la barba).

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Finale con Smarties e Grisbì

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Ultima puntata

Per tre giorni la fiera va avanti così finché, la domenica sera, viene il momento di smontare. Allora lo scrittore si allontana con una scusa chiaramente inventata, tipo “È passato prima Vincenzo Mollica che mi voleva intervistare per il Tiggìuno, lo vado a cercare…” per evitare di caricare le scatole di libri sulla Multipla. Quando torna la Multipla è pronta per partire.

Il viaggio di ritorno si svolge come quello di andata, solo che ora è buio. Massimo vuole fermarsi a mangiare allo Spizzico mentre Fabrizio da Chef Express. Non essendo d’accordo oltrepassano uno Spizzico e uno Chef Express dopo l’altro finché, alle due di notte, si fermano all’ultimo autogrill della A1, appena devastato dagli Ultrà di una squadra di serie B, e comprano Smarties e Grisbì al cacao che divorano in meno di trenta secondi.

E Frank? All’inizio di queste quattro puntate avevo citato anche lui. Ebbene, Frank fa le stesse cose di Massimo solo che, invece della Multipla, ha il Kangoo della suocera.

Con questo racconto semiserio e quasivero a puntate ho voluto spiegarvi, amici, che queste persone si impegnano davvero e hanno una passione enorme per il lavoro che fanno e perciò si meritano la cosa che canta l’immensa Aretha nel video con cui vi saluto.

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La Fiera nel castello

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Terza puntata.

Il luogo dove si svolge la Fiera del libro di solito è molto antico. È un castello o una villa del ‘700. Massimo parcheggia la Multipla nel piazzale davanti all’ingresso dell’antica magione e inizia a scaricare le scatole di libri, la struttura clandestina e tutto il resto. Lo scrittore no, lui esce da solo. I due trovano il luogo dove è stato montato il banco per i libri assegnato dall’organizzazione. Il luogo varia a seconda del grado di anzianità della partecipazione a quella fiera. Mi spiego: se è molto tempo che la Casa Editrice partecipa alla manifestazione il banco sarà posto in un punto strategico da cui passano tutti i visitatori. Inoltre essi non saranno appena entrati né staranno per uscire. I visitatori appena entrati vogliono vedere tutto il resto prima di comprare da te: e non comprano. Quelli che stanno uscendo sono ormai ridotti a zombie senz’anima che anelano soltanto a tornare alla macchina: e non comprano. Se invece è la prima volta che la casa editrice partecipa alla fiera, ti capita una fantastica location a un metro dalle porte d’entrata, porte spalancate che lasciano che la tramontana spazzi il tuo banchetto e il tuo viso. Senza contare che sei proprio in mezzo alla mostra di corazze medievali. È qui che Massimo e lo scrittore sono stati piazzati dai biechi organizzatori. Massimo osserva la disposizione del banco e comincia a sistemare i libri secondo un metodo preciso. Poi studia le luci ed estrae dalla borsa una lampada alogena che piazza a illuminare la struttura clandestina carica di libri. Intanto ha collocato in un angolo lo scrittore pelato con una cinquantina di copie delle sue opere e lui le propone ai primi visitatori che lo osservano curiosi, inciampando tra le armature luccicanti. Lo scrittore è bravo a vendere e, a fine giornata, ha venduto molti libri.

Si racconta che fu visto vendere una copia del suo romanzo perfino a un’armatura vuota, come Il Cavaliere Inesistente di Calvino… (continua)

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Il metano lontano

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Seconda puntata

Il metano in natura si trova sotto la crosta terrestre un po’ ovunque. Sopra la crosta terrestre anche, fuorché vicino alle autostrade. Quando la lancetta del gas nel serbatoio passa di mezzo millimetro dalla parte sinistra dell’indicatore scatta un allarme e Massimo si scatena alla ricerca della mitica M che segnala il distributore di metano. Massimo, la notte prima di partire, ha cercato su internet la mappa di tutti i distributori di metano in Europa occidentale, Irlanda e Inghilterra comprese e l’ha stampata su un foglio in formato A0, quello usato dai geometri per i progetti. Dovendo guidare, Massimo chiede allo scrittore pelato di tracciare la rotta per il distributore più vicino. Lo scrittore è soggetto al mal di macchina fin da quando era bambino e, siccome è ancora bambino, risponde che non vuole sentirsi male e perché Massimo non si compra un tomtom e poi c’è sempre mezzo serbatoio… Massimo allora, sempre guidando, tenta di leggere la mappa; al che lo scrittore si chiude in un silenzio di puro terrore. Vanno avanti così per molti chilometri finché giungono all’agognato distributore. La stazione di rifornimento, non si sa perché, è sempre accanto a un campo nomadi. Dopo aver riempito di gas il serbatoio oltre il limite di sicurezza, Massimo chiede all’uomo del gas se può riempire anche una bottiglia per le emergenze e l’uomo del gas lo guarda, incerto su quale forza di polizia chiamare. Pagato l’uomo, la Multipla torna in autostrada seguendo una via completamente diversa da quella dell’andata e rientra circa trenta chilometri più indietro di dove ne era uscita. Il viaggio riprende alla volta della fiera del libro…

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Chi sono Massimo e Frank?

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Prima puntata

Tolgo subito ogni suspence: Massimo e Frank sono i miei editori. Allora ti immagini due persone che escono dalla loro Porsche, entrano in Casa Editrice, vanno alle loro scrivanie e cominciano a dare ordini per telefono fumando il sigaro tra nugoli di assistenti.
Nonono cari dieci lettori, non funziona così nella piccola editoria. Io l’ho visto. Prendiamo ad esempio le fiere del libro. Massimo parte per la fiera con la sua Multipla a metano carica di:
• scatole di libri
• struttura clandestina per aumentare lo spazio espositivo
• scrittore pelato che regge con la mano la struttura e le scatole in caso di frenata.
Massimo, alle sei del mattino, ha sistemato nella Multipla i libri e lo scrittore ed è partito verso il luogo della fiera. Egli sa già che sopporterà per tutto il viaggio le lamentele dello scrittore su come guida troppo veloce, come  ha dormito poco perché s’è dovuto alzare presto e su perché il Corriere della Sera non ha pubblicato mezza pagina di recensione del suo ultimo splendido romanzo. Senza contare i suoi problemi personali.
A questo punto il cervello di Massimo si divide a metà: l’emisfero sinistro risponde allo scrittore, mentre quello destro pensa a come organizzare al meglio il banco libri e se ci si farà a raggiungere almeno il pareggio costi-ricavi. In realtà non è vero che il cervello si divide proprio a metà. Diciamo che il 2% risponde allo scrittore e il 98% pensa a come andrà la fiera. Data l’esigua percentuale riservata allo scrittore le risposte sono basiche, non molto articolate, del tipo:
“Eh già”, “Hai ragione”, “E’ la vita” e così via.
Ad un certo punto però, spariscono anche le esigue risposte, perché tutte le sinapsi di Massimo si concentrano su un obiettivo prioritario imprescindibile.
E’ così che comincia l’incredibile avventura alla ricerca del distributore di metano…

 

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Libertà è partecipazione

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Amici, la vostra risposta al mio blog è stata molto bella e io vi ringrazio!

Domenica ero alla libreria Edison di Lucca a vendere il libro. Mentre aspettavo le mie ‘prede’ mi è tornato alla mente un discorso che facevamo col mio amico Marco Bernini (di cui vi esorto a leggere il blog, anche se è livornese). Parlavamo delle scuse che la gente escogita per non comprarci i libri quando glieli proponiamo. Qualche esempio?

Non mi interessano i libri” (frase pronunciata a una fiera del libro per entrare alla quale occorreva pagare il biglietto d’ingresso)

Passo dopo perché siccome ho il diabete devo andare al bar altrimenti svengo

Potrei citarne altre e lo farò in futuro, ma ora lancio una PROPOSTA A TUTTI VOI: mandatemi delle scuse belle e originali per non comprare i libri di un autore che si propone a voi. Chi vuole può inviare anche l’eventuale risposta del povero autore alla scusa del potenziale cliente.

Forza, partecipate e siate liberi, perché, come dice Gaber nel video sotto, LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE!



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