Mio padre nel ’46 vendeva orologi ai prigionieri di Coltano.
Il padre di un suo amico aveva un negozio di orologiaio e il figlio prendeva gli orologi dal negozio, non ho mai capito se di nascosto o no, e li dava a mio padre che li andava a vendere ai prigionieri nel campo. Mi sono sempre chiesto cosa se ne facessero di un orologio i prigionieri di Coltano. Certo avranno avuto altri problemi piuttosto che guardare l’ora. Mio padre mi diceva che glieli passava attraverso le reti del campo e loro lo pagavano in amlire. Mio padre non era ancora maggiorenne e quello era un buon metodo per arginare la fame che c’era in quel tempo.
Il tempo non passa mai quando sei prigioniero, l’unica cosa che dava speranza a quegli uomini era l’orologio che segnava lo scorrere dei minuti e dimostrava che in quella fissità di giorni tutti uguali il tempo passava lo stesso e un giorno quelle reti sarebbero cadute e la libertà sarebbe tornata anche per loro.
Mio padre nel ’46 vendeva orologi ai prigionieri di Coltano…
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